GLI
AUSILIARI
AVERE
Presenta
nei modi e nei tempi notevoli differenze rispetto all’italiano.
Sono
già molto interessanti alcune forme dell’indicativo
presente: la seconda persona singolare è È. Deriva forse da un precedente ài, dovuto al fatto che in aretino la A tonica, salvo alcune eccezioni, passava di regola ad e aperta. Poi, per una sorta di economia
linguistica o di velocizzazione nella pronuncia, è caduta la I. La prima persona plurale ha tre
varianti, aémo/avémo/s’a. (aémó/avémó).
La forma impersonale (s’a) è una
costante nel dialetto aretino e quindi è usata anche in tutte le prime persone
plurali dei verbi delle tre coniugazioni. La seconda persona plurale presenta
a volte anche la forma italiana avéte (avété),
ma quasi sempre è pronunciata senza la v,
quindi aéte (aété). La terza persona rispecchia
un altro fenomeno tipico dell’aretino, la degeminazione, quindi è pronunciata
áno (anó) invece di hanno.
L’imperfetto presenta nelle persone
singolari due varianti: aívo (aivó), aívi, aíva e ávo (avó), ávi, áva. Lo stesso vale per il plurale
dove la prima persona ha la solita forma impersonale con le due varianti s’aíva/s’áva, la seconda è aívi/ávi,
la terza aíveno/áveno (aivénó/avénó), spesso sostituite da aívono/ávono (aivónó/avónó).
Il
passato remoto è identico a quello
italiano nelle forme singolari, mentre nel plurale la prima persona è s’èbbe (s’èbbé), la seconda avésti/aésti
invece di aveste e la terza ha le
varianti èbbeno/èbbono (èbbénó/èbbónó).
Il
futuro presenta una spiccata
particolarità: il fenomeno dell’anaptissi per cui viene inserita la vocale A tra la V e la R per cui, invece
della forma avrò, si hanno al
singolare le forme avarò,avarè, avarà e
al plurale s’avarà,avaréte (avarété) e
la terza persona che presenta la solita
degeminazione della N, quindi avaráno (avaranó).
Il
congiuntivo presente ha forme apocopate nelle prime due persone
singolari che io ábbi, che tu ábbi invece
di abbia. La terza persona può anche
avere la forma italiana abbia. Nel plurale la prima persona,
oltre ad avere la forma impersonale, ha anche la
caduta
della sillaba finale MO per cui viene
pronunciata s’ábbia. La seconda
persona è presa in prestito dall’indicativo presente, quindi è aéte (aété) e la terza presenta le forme ábbino/ábbieno/ábbiono (abbinó/abbiénó/abbiónó).
L’imperfetto ha in tutte le persone la sincope della V per cui ab- biamo al singolare aéssi, aéssi, aésse e al plurale s’aésse, per la seconda persona le
varianti aéste (aésté)/aésti, per la terza aésseno/aéssono (aéssénó/aéssónó).
Il
condizionale presente ha la stessa caratteristica del futuro, cioè può
avere l’anaptissi della A, le
desinenze sono in parte diverse da
quelle italiane, per cui al singolare abbiamo le forme avarèbbi/avrèbbi/arèbbi, avarésti/avrésti/arésti, avarèbbe/avrèbbe/ arèbbe
(avarèbbé/avrèbbé) e al plurale s’avarèbbe/s’avrèbbe/ s’arèbbe (s’avarèbbé/s’avrèbbé), avarésti/avrésti/arésti
e avarèbbeno/avrèbbeno/arèbbeno/ono
(avarèbbénó/avrèbbénó/ónó).
Anche
l’imperativo presenta delle
singolarità. La terza persona singolare può avere la forma italiana o quella apocopata
ábbia/
abbi, la prima plurale
è presa in prestito dall’indicativo presente avémo/aémo (avémó/aémó), lo stesso vale per la seconda avéte/ aéte (avété/aété), la terza
presenta la sincope della A, ábbino (abbinó).
L’infinito ha la forma sincopata aére (aéré). Lo stesso vale per il participio passato
che è aúto (autó). Il gerundio e il participio presente sono come in italiano, ma in aretino sono
pressoché inutilizzati, sostituiti da perifrasi, quindi nelle pagine successive
saranno omessi a meno che non presentino particolarità interessanti.
I
tempi composti si formano come in italiano aggiungendo il participio passato aúto (autó).
Nessun commento:
Posta un commento